Gaza, il Tar ordina di concedere il visto a tre studentesse per venire in Italia: hanno vinto una borsa di studio a Siena

Il Tar del Lazio ha imposto al consolato italiano a Gerusalemme di attivarsi per la concessione del visto a tre studentesse palestinesi della Striscia di Gaza, Zaina, Majd e Shahad, titolari di borse di studio all’università di Siena. I giudici amministrativi hanno emesso il provvedimento accogliendo la domanda cautelare presentata dalle associazioni Yalla Study e Legal Aid. La sede diplomatica, infatti, aveva negato il documento per l’espatrio per “l’impossibilità di procedere alla rilevazione delle impronte digitali e alla consegna del visto a causa del conflitto armato in corso e della conseguente chiusura delle frontiere”. Ma secondo il Tar, poichè la “contingenza eccezionale” rende “materialmente e giuridicamente impossibile seguire le normali procedure”, l’istruttoria può svolgersi “in modalità integralmente telematica, in virtù del Codice dell’amministrazione digitale e dei principi di leale collaborazione”. Per quanto riguarda “l’acquisizione dei dati biometrici”, invece, l’ordinanza afferma che il passaggio può essere “rinviato o attuato in loco attraverso delegati, nel rispetto della sicurezza e della praticabilità operativa”. “Il Tribunale ha ordinato alle parti di dimostrare entro il 17 luglio cosa è stato fatto”, spiega Paola Cucchetti, volontaria dell’associazione Watermelon Friends Italia e di Yalla Study, che sta seguendo le procedure legali delle tre studentesse.
Un precedente importante – Per le organizzazioni che hanno presentato il ricorso si tratta di “un importante precedente sul piano del diritto umanitario e amministrativo”. Tuttavia non ci sono ancora tempi certi per l’arrivo delle giovani: “Ora l’ordinanza può essere ottemperata dal consolato o impugnata”, spiega Cucchetti. “Israele ha già bloccato l’uscita di altri studenti dalla Striscia a partire dal 7 ottobre: il punto è quale ruolo intende svolgere l’Italia per far valere la sua sovranità sul caso”, afferma la volontaria, ricordando che la risposta negativa della sede diplomatica – contro la quale è stato fatto ricorso al Tar – è arrivata dopo un invio massivo di e-mail organizzato anche attraverso i social media e dopo un’interrogazione al ministro degli Esteri Antonio Tajani e alla ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini, presentata dal deputato di Alleanza Verdi e Sinistra Marco Grimaldi. Intanto le tre studentesse restano nella Striscia, patendo la fame con le loro famiglie e rischiando, ogni giorno, di essere uccise.
La denuncia: “Borse di studio inaccessibili” – Nel frattempo incontrano difficoltà anche gli studenti palestinesi iscritti allo Iupals (Italian universities for palestinian students), il bando per 97 borse di studio da 12mila euro annui indetto dalla Crui, la Conferenza dei rettori italiana, e promosso dalla ministra Bernini. Le volontarie di Watermelon Friends Italia e Yalla Study sollevano diverse criticità, tra cui quella relativa al corso di italiano, che il bando indicava tra i requisiti di ammissione per potersi candidare alle borse di ognuno tra i 35 atenei partecipanti. Il corso era indicato come in partenza il 3 giugno 2025 nelle sedi di Ramallah e Betlemme, tuttavia, denunciano le organizzazioni, nessuno dei circa venti studenti da loro assistiti “è stato contattato né per l’inizio né per la definizione di un’altra data”. A ilfattoquotidiano.it la Crui risponde che “il primo corso – in modalità online – è partito l’11 giugno ed entro il fine mese ne partiranno altri cinque per 120-150 studenti”. La Conferenza dei rettori dichiara che “sono stati contattati gli studenti che avevano compilato il bando correttamente” ma non sa riferire il numero complessivo di coloro che hanno partecipato, né quello di coloro che hanno compilato correttamente il form: “Sono gli atenei ad avere i dati, peraltro ancora in fase di ricezione”, viene spiegato.
“Dai rettori mancanza di risposte” – Ad ogni modo, ribadisce Cucchetti, dei circa venti studenti seguiti da Watermelon e Yalla Study “nessuno ha ricevuto alcuna comunicazione”: “Sappiamo che i documenti relativi a titoli di studio ed esami devono essere tradotti in inglese, ma non ci è mai stato chiarito se sia necessaria una traduzione giurata, come richiesto in alcuni bandi, oppure se sia sufficiente una traduzione ufficiale della scuola o università”, spiega. Dopo una prima mail non chiarificatrice, denuncia inoltre, la Conferenza dei rettori ha smesso di rispondere alle richieste di spiegazioni. “Purtroppo, la situazione attuale – a Gaza c’è stato anche un blocco di Internet negli ultimi giorni – non permette di ottenere le traduzioni certificate in tempi brevi presso il consolato di Gerusalemme e anche le richieste di documenti sono complesse, dal momento che le università sono state distrutte”, riferisce.
I limiti alle scelte dei corsi – Il bando generale sarà aperto dal 2 al 30 giugno 2025, ma ogni università ha scadenze e procedure proprie da verificare singolarmente. Per gli studenti candidati, poi, moltissimi corsi sono inaccessibile: “Le università non permettono iscrizione a tutte le facoltà, scegliendo solo alcuni corsi spesso lontanissimi dalla preparazione e dalla cultura generale e specifica degli studenti palestinesi. In questo modo studenti al secondo anno devono buttare 24 mesi di preparazione già acquisita”, denunciano le volontarie. “A domanda sulla possibilità di aprire alle facoltà mediche e paramediche“, per cui è stato appena superato il numero chiuso, “la risposta è stata: “No””, lamentano ancora.
No a corridoi per l’uscita da Gaza – Il bando Iupals è stato definito dalla ministra Bernini “la dimostrazione di come l’Italia non si limiti alle dichiarazioni di principio, offrendo ai giovani palestinesi la possibilità di studiare in Italia”. Ilfattoquotidiano.it ha quindi chiesto alla Crui se, considerata la difficoltà riscontrata dalle studentesse gazawi beneficiarie di borse in Italia ad ottenere il visto italiano, saranno promossi percorsi preferenziali per l’evacuazione da Gaza: “Iupals è un progetto di formazione. I corridoi umanitari di evacuazione della popolazione civile coinvolta nei conflitti non rientrano nelle competenze delle università” è stata la risposta.