Alberto Trentini in carcere da sette mesi: a che punto è il lavoro per liberare il cooperante prigioniero in Venezuela

Sono ormai sette i mesi di prigionia di Alberto Trentini, il cooperante veneziano 45enne arrestato il 15 novembre 2024 in Venezuela e trattenuto senza accuse nel carcere El Rodeo I, vicino alla capitale Caracas. Ilfattoquotidiano.it ha raccolto l’appello lanciato dalla madre di Alberto, Armanda Colusso, alla conferenza stampa dell’11 giugno alla sede dell’Ordine dei giornalisti a Roma: “Vi prego, non stancatevi di parlare di Alberto finché non me lo porteranno a casa!”, ha chiesto (video). In quell’occasione sono stati rivolti diversi appelli a Giorgia Meloni perché si esprima sul caso di Trentini: nominarlo in pubblico “gli darebbe dignità“, ha detto l’avvocata della famiglia, Alessandra Ballerini. Finora però la premier non è intervenuta e non risulta aver avuto nuovi contatti con i familiari, dopo una telefonata avvenuta ai primi di aprile.
Mobilitazione a più livelli – Prosegue nel frattempo lo sforzo del ministero degli Esteri e dell’intelligence, a cui è affidato il compito – per niente facile – di mantenere canali di dialogo tra due Stati senza normali relazioni diplomatiche, in cui i rispettivi ambasciatori esistono ma non risultano accreditati. Continua anche la mobilitazione dal basso: un digiuno a staffetta con circa duemila partecipanti ha raggiunto il centesimo giorno, e una petizione lanciata per il ritorno a casa del cooperante (firma qui) conta già oltre 106mila firme su Change.org. Lunedì alle 17 è inoltre in programma a Venezia la camminata “Uniamo la città per Alberto“, che andrà dalla basilica di San Pietro di Castello a Mestre per “ricordare che nessun muro è troppo alto, nessuna distanza troppo grande, quando a muoverci è l’amore”.
Senza accuse – Sette mesi, 212 giorni, sono troppi in assenza di accuse. Lo sanno i servizi segreti, che indagando sul conto di Trentini hanno trovato soltanto informazioni positive, scartando ogni possibile sospetto di pericolosità. Lo sanno anche coloro che, come l’ex deputato Beppe Giulietti, hanno chiesto di lui ai residenti del Lido di Venezia, constatando l’affetto della gente verso un concittadino da sempre impegnato per il bene del proprio territorio. Lo sa persino il presidente venezuelano, Nicolás Maduro, che grazie alla prigionia di Alberto ha potuto aprire una delicata trattativa con Roma, obbligata a ripristinare i canali di dialogo da tempo interrotti con Caracas.
Chi è Alberto Trentini – Alberto è andato in Venezuela per amore, e ha avuto la possibilità di servire gli ultimi – i disabili, in questo caso – attraverso l’ong Humanity & Inclusion che opera negli Stati di Amazonas, Apure e Monagas. È stato arrestato tre settimane dopo il suo arrivo, e da allora ha potuto telefonare a casa solo una volta, il 16 maggio, per rassicurare i genitori sulle proprie condizioni di salute. Eppure il cooperante non è implicato nel conflitto politico in corso in Venezuela dalle elezioni dell’estate 2024, che ha portato, secondo la ong Foro Penal, all’incarcerazione di 924 prigionieri politici, di cui 82 stranieri. La madre Armanda racconta il figlio Alberto come un “ragazzo normale, sereno e pieno di ideali”: il suo impegno umanitario ha preso il via nel 2006, con il Servizio civile universale svolto a Muisne, Ecuador. Nel corso della sua vita da cooperante è stato anche in Etiopia, Paraguay, Nepal, Grecia, Perù, Libano e Colombia, lavorando per Focsiv, Cefa, Coopi – Cooperazione internazionale, Danish Refugee Council e altre ong. Quasi vent’anni nei quali ha intrecciato passione e competenze: a livello formativo, infatti, si è laureato in Storia moderna e contemporanea all’Università Ca’ Foscari di Venezia nel 2004 (con un’esperienza Erasmus a Parigi). Nel 2013, poi ha ottenuto il diploma in Assistenza umanitaria presso la Liverpool School of Tropical Medicine e nel 2021 un master in Ingegneria sanitaria all’Università di Leeds, in Regno Unito.
Orizzonti e attese – Al momento si auspica qualche passo avanti nella trattativa Roma-Caracas, con chi arriva persino a sperare nella piena normalizzazione delle attività diplomatiche. La visita consolare già ipotizzata da fonti venezuelane, però, continua a non verificarsi, né per Alberto né per gli altri detenuti stranieri tuttora reclusi nel Paese. Esistono anche altri canali di dialogo, in particolare quello aperto della Chiesa cattolica con il nunzio apostolico (il rappresentante del Vaticano) a Caracas, l’arcivescovo Alberto Ortega Martín: i familiari di Alberto sperano di poter incontrare anche l’arcivescovo di Caracas Raúl Biord Castillo che, secondo fonti venezuelane, si recherà in Italia fra qualche settimana. Rimane aperta infine l’ipotesi di un’eventuale attivazione dell’Eni, il colosso petrolifero italiano che porta avanti importanti attività in Venezuela: l’amministratore delegato, Claudio Descalzi, non ha chiuso le porte all’ipotesi di fornire alle autorità eventuali informazioni rilevanti di cui l’azienda venisse a conoscenza.