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Muore una maestra e nemmeno un minuto di silenzio nelle scuole: siamo un’Italia indifferente

"Ma questo è un Paese dove un’insegnante che muore a 43 anni è solo una maestra. Nulla di più"
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Se muore un operaio/a ad una catena di montaggio, un agricoltore in cascina, un poliziotto sulla strada, un politico tutti s’indignano, tutti restano sconcertati e spesso la categoria proclama uno sciopero, un picchetto davanti la fabbrica, magari un minuto di silenzio. Se muore, invece, una maestra in gita con i suoi allievi bastano due parole di cordoglio, un “poverina” e poco più. Eppure quell’insegnante probabilmente stava facendo molte più ore di quelle che dovrebbe fare, magari senza un centesimo in più per il suo impegno e la sua responsabilità. Se tutto fosse andato bene magari neanche l’avrebbero ringraziata.

Sicuramente – come tanti di noi – sarebbe stata comunque felice di vedere i suoi alunni sorridere, di osservare i suoi bambini a bocca aperte di fronte alla meraviglia di un’opera d’arte o di un museo come quello che stavano andando a visitare in questo viaggio d’istruzione.
Per lei il minuto di silenzio l’hanno fatto solo nella sua scuola. Nulla di più.

Fossi stato il ministro dell’Istruzione avrei chiesto di fermarsi in ogni istituto del Paese. Avrei partecipato alle esequie. Avrei chiesto al Prefetto di essere presente a nome dello Stato perché una maestra è un pubblico ufficiale.

Fossimo in un’Italia differente (e non indifferente) molti di noi insegnanti sarebbero andati al funerale della collega.

Fossimo in uno Stato dove gli insegnanti sono davvero considerati e valorizzati, qualche trasmissione tv avrebbe dedicato una puntata a questa triste vicenda raccontando il lavoro di chi ogni giorno entra in classe vessato dalla burocrazia, intimorito dai superiori, sottopagato, costretto a fare scelte obtorto collo, spesso mandato in gita senza nemmeno poter recuperare le ore in più fatte. Figuriamoci la vita.

Ma questo è un Paese dove un’insegnante che muore a 43 anni è solo una maestra. Nulla di più.

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